Quando ci viene richiesto, ci spostiamo in carcere per raccogliere denunce di nascita o celebrare matrimoni. Ogni volta che vado mi stupisco di quanto, quello oltre le mura blindate, sia un enorme quartiere in piena regola i cui abitanti non sono solo delinquenti, ma anche poliziotti, insegnanti, magistrati, medici, avvocati, addetti alle pulizie, uomini delle consegne. Una frenetica city in fermento, un via vai di professionisti della giustizia e della sicurezza, mentre incombe nell'atmosfera una coltre grigia come le sbarre alle finestre da cui sbirciano i carcerati. Qualcuna urla mentre l'aria esterna fra i bracci odora di lievito.
Quando incontro i detenuti mi stupisce sempre il loro accettare di essere anche condannati all'inerzia.Mi stupisce come per questi ultimi l'essere privati della libertà sia un possibile stile di vita.
Poi poco fuori, al di quà delle mura, un chiosco con sulla porta d'ingresso: "Non si fa più credito a nessuno".
E ci credo.
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