giovedì 24 dicembre 2020

Natale con i tuoi


Io non so come funzioni nelle famiglie non numerose, non riesco a capire come si possano essere evoluti  e  che visione abbiano della vita in generale. Mi domando come sia stato crescere in un ambiente silenzioso, equilibrato e proporzionato ad un bambino, dal momento che se rivolgo lo sguardo al passato  mi balza alla mente il mercato dei polli di Hong Kong.

Mia nonna materna ha avuto cinque figli ed ognuno di questi ha avuto almeno tre figli, praticamente quando ci riunivamo a Natale non eravamo una famiglia, ma un reggimento di vichinghi chiusi in un appartamento di appena 60 metri quadri, che si riducevano a 55 per via della cucina che veniva dichiarata zona rossa con editto di mia zia.  Era come in Survivor , quel format degli anni '90 in cui un gruppo di persone doveva sopravvivere in un luogo ostile, avendo poche risorse a disposizione.

Vigeva la regola tacita per cui ognuno faceva quello che voleva, purché alla fine non fosse necessario chiamare un'ambulanza. Tredici minorenni urlanti sparsi in casa, alberi di  Natale abbattuti, adulti che fumavano come locomotive a vapore, tossivano pure i re magi del presepe.

Il menù della cena era già stato stabilito alla fine del rave alimentare di Pasqua. Si cucinava talmente tanta roba che negli anni avremmo potuto sfamare l'intera Somalia. Noi bambini mangiavamo quello che c'era, altro che menù dedicato, tanto eravamo più interessati a giocare tra cugini che a misurarci qualche giorno dopo la curva glicemica con l'altimetro. 

Quando finivamo di cenare arrivava il momento dei giochi, per intrattenerci fino alla mezzanotte, momento in cui avremmo ripreso a mangiare i dolci per festeggiare coi carboidrati la nascita di Gesù bambino, mentre metà della tribù era oramai riversa sui divani a dormire e l'altra a parlare di politica e soldi. 

Era sempre mia nonna, la matriarca, a decretare il via ai giochi che erano rigorosamente sempre gli stessi: sette e mezzo, mercante in fiera e tombola, nessuno poteva proporne altri. A lei non piacevano e quindi nessuno poteva giocarci.

"Giochiamo per far divertire i bambini" diceva con gli occhi luccicanti, mentre tirava fuori dal reggipetto il suo bottino tintinnante di monete da duecento lire. Ci sedevamo tutti intorno al lungo puzzle di tavoli e nel momento in cui lei prendeva possesso del capotavola, smetteva di essere nonna e si trasformava in una ludopatica assatanata, proprio si trasfigurava. 

Perdere la faceva incazzare da morire, non guardava più in faccia  nessuno, nemmeno i più piccoli. Lo sapevamo tutti, soprattutto mio padre che la faceva impazzire. Lui era quello che "tirava la tombola" e quando estraeva i numeri un semplice  57 non era il 57, ma era "l'autobus che porta da piazza Indipendenza a via Roma" oppure "6 x10-3".  Mia nonna non lo sopportava e lo sopportava ancora meno quando si accorgeva che pescava i numeri e poi li ributtava dentro per far vincere qualche bambino che nella maggior parte dei casi era mio fratello minore: "l'eletto". Bisticciavano, mio padre rideva e mia nonna voleva ridurlo in minutissimi frammenti col solo potere dello sguardo.

Fortunatamente poi arrivava qualcuno che provvidenzialmente tirava fuori il set di panettoni, l'amaro Averna per digerire il panettone e il Brioschi per digerire l'amaro.

Quest'anno un Natale così sarebbe illegale, la mia famiglia sarebbe riqualificata come assembramento e mia nonna sarebbe stata in prigione. Oggi mi manca un po' tutto, ma a quei tempi per me era un martirio. Piangevo pure alle mie feste di compleanno, oggi sarei considerata una bambina "disfunzionale", alcune volte ho anche desiderato che sparissero tutti di botto come in "mamma ho perso l'aereo".

Ci sono voluti 30 anni per realizzare il mio desiderio, la magia di questo Natale li ha fatti sparire tutti giusto con qualche lustro di ritardo, proprio adesso che vorrei portare il tempo indietro.
















giovedì 10 dicembre 2020

Vedo alberi, faccio presepi



-"Silvano, dov'è Gesù?"
-"Non lo so mamma, nessuno lo trova"


Vedo alberi di Natale da Ottobre. Vedo la gente che pubblica foto del proprio da Agosto. 
Quand'ero piccola non vedevo l'ora di farlo, adesso non vedo l'ora di disfarlo.  
Il mio abete di plastica, in pura fibra di pvc, l'ho comprato tre anni fa al LIDL.  Mentre pagavo,  la cassiera mi raccontava che alcune persone avevano comprato lo stesso albero e che subito dopo le festività natalizie lo avevano riportato in negozio per farne il reso. Praticamente lo usavano per le feste e poi lo restituivano per ottenere il rimborso. In quel momento pensai che dovrebbe funzionare così anche con i partner, li frequenti per un po' e poi entro trenta giorni se non sei soddisfatto lo riporti alla madre:
"Tenga signora, purtroppo non tiene abbastanza palle".

E' alto un metro e sessanta, l'albero dico, ogni tanto lo urto e gli chiedo pure scusa. Gli addobbi li ho accumulati negli anni, un po' rubando qualche pallina dagli alberi degli androni dei palazzi, un po'  comprandoli dal mio cinese di fiducia. Quando ero piccola adoravo le mele di polistirolo e i finti pacchetti regalo che puntualmente spacchettavo lasciandoli comunque appesi. 

Lo stendino
L'ho fatto in salotto per far compagnia allo stendino che in inverno si trova perennemente tra il divano e il termosifone. Infatti ho addobbato pure quello per creare un'atmosfera cordiale.
Il mio abete è uno di quelli che devi montare pezzo per pezzo, ramo per ramo, uno stillicidio. Il mio spirito natalizio si trasforma sempre in una potenziale seduta dall'esorcista. 

Mentre lo compongo penso già a quando dovrò disfarlo e mi viene in mente mia nonna materna, sempre lei, che  per ovviare alla noia di doverlo fare ogni anno, lo conservava già parato per la festa. Praticamente il 7 Gennaio lo infilava dentro un sacco nero, di quelli condiminiali per la spazzatura, e lo arroccava sull' armadio fino al Natale successivo, completo di addobbi. Ora che ci penso non aveva nemmeno un piedistallo, lo impalava dentro un enorme vaso pieno di terra rinsecchita,  tant'è che una volta si abbatté sul muro e ci rimase appoggiato per tutte le festività: l'albero di Pisa.

Gli alberi che vedo sui social sono invece tutti perfetti, sembrano usciti da una rivista d'arredamento, mi mettono un po' d'ansia. Diciamo che preferisco il presepe, anche se da un paio d'anni non c'è pace nella Betlemme di casa mia, per via del padrone di casa di tre anni con cui vivo. Quest'anno l'ho fatto con un po' d'anticipo, sotto la direzione tecnica del piccolo dittatore. Ogni tanto trovo omini Lego fra i pastorelli,  pecore riverse  nel muschio come colpite da una irreversibile epidemia di scrapie, alcune annegate nella fontana, altre seppellite tra i gerani con le zampe fuori che germogliano. Per giorni non ho trovato Gesù, gli avevo detto di toglierlo temporaneamente, poi l'ho ritrovato per caso in cucina nel cassetto delle posate, sotto il taglia castagne. L'ho immediatamente rimesso a posto, sulla sua culla in puro propilene, già nato, con buona pace di Salvini. 

Tutto sommato il  Natale è l'unica festa che sopporto perché è legata a ricordi bellissimi della mia infanzia. Gli assembramenti a casa di mia nonna,  il distanziamento sociale dopo i carciofi in pastella, la sfiga del lattante del mercante in fiera, il  rendersi conto che Babbo Natale voleva più bene ai bambini ricchi. 
Oggi mi emoziona come allora, mi fa riscoprire i miei valori più alti, tipo il colesterolo e la glicemia. 



























mercoledì 2 dicembre 2020

Dottor Google

Ci risiamo. Ancora una volta verso lacrime di coccodrillo dopo aver cannibalizzato un'intera tavoletta 
di cioccolato al caramello taglia King Size Plus  di una prestigiosa marca Lidl. 

Questa volta il bruciore di stomaco è troppo forte, apro l'armadietto dei farmaci e  butto giù tutto quello che vedo: Riopan, Geffer, Brioschi, Gaviscon, Malox, ma niente da fare, ci vogliono i pompieri.

Incredibile come non mi passi tutto istantaneamente, son trascorsi già 30 minuti e ancora ho la sensazione di aver ingoiato il geyser di Yellowstone.
Comincio a ipotizzare tutta una serie di tragedie imminenti tra le quali chiamare un'ambulanza e fare testamento. Ripasso la mia anamnesi familiare per cercare qualche antenato con problemi di stomaco, deve esserci necessariamente una causa genetica. Forse sarebbe meglio aspettare il giorno successivo per chiamare il medico e razionalizzare. Ma nel frattempo?
Nel frattempo faccio quello che non bisogna fare mai: cercare su Google i sintomi.
Inserisco i miei nella barra di ricerca et voilà:  in 0.3 secondi, migliaia di pagine che incontrovertibilmente permettono di autodiagnosticarmi il morbo di Crohn, la rettocolite ulcerosa o forse la pangastrite (che sarebbe un buon nome per una crema al cioccolato e 'nduja).

Ma ora che ci penso "morbo di Crohn" fu anche la diagnosi di una mia precedente ricerca sulle verruche, ma anche di una ricerca sulla ricetta dello strudel. Ok, lascio stare Google.
Domani chiamo il Dottore, ma intanto potrei cercare se c'è qualche innocuo consiglio per attenuare il fastidio. Cerco rimedi della nonna e mi viene in mente la mia,  per lei tutto passava con l'alloro: dal mal di stomaco al fuoco di Sant'Antonio. 
-"Nonna mi sono tagliata un dito"
-"Tiè, beviti un po' di acqua calda con l'alloro e spremici il limone che disinfetta".
Secondo altre scuole di pensiero di altre latitudini-  la bisnonna del marito-  la panacea, il rimedio universale per ogni male è il Fernet Branca, meglio se appena scaldato sulla stufa.
Del resto quando è coinvolto lo stomaco, i siti suggeriti da Google  raccomandano diete disintossicanti al limite dell' impossibile.  Cibi vietati,  cibi consentiti e tra questi ultimi non è contemplato il mezzo chilo di cioccolato industriale che ho divorato. "Assolutamente vietato bere il caffè", ogni volta che lo leggo mi sembra impossibile e allora comincio a fare recherche proustiane su siti improponibili, che si occupano di divulgazione scientifica, tipo quelli che contemplano gli studi della famosa università  di Minsk,  dove io possa leggere che non c'è correlazione tra consumo di caffè e problemi gastrici, praticamente mi comporto come un no vax. Alla fine trovo consigli su tisane a base di rizomi di astragalo, cataplasmi di zenzero e prodotti che milioni di americani stanno già usando.
Queste mie indagini aprono voragini grottesche su argomenti come l'omeopatia, la psicomedicina, medicine allopatiche del  tipo "curare l'otite eliminando vostra suocera".  Alla fine non mi ricordo più nemmeno cosa stavo cercando. Non imitatemi, anche se ho il vago sentore di non essere un caso isolato. 
Tuttavia non vi dirò di non farlo, non vi dirò di smettere di googolare sintomi che vi condurranno a morte eventuale: è la regola dell’elefante bianco  se dite a qualcuno di non pensare a un elefante bianco, quello penserà immediatamente a un elefante bianco. E se lo fate, state attenti perchè come diceva Mark Twain:  "Fai attenzione quando leggi libri di medicina. Potresti morire di un errore di stampa".

martedì 24 novembre 2020

Chi ha paura del crocifisso?


Ore 8.00 a.m                                                      

"Pronto ma', come va?"
"Tutto a posto, stavo cucinando per la cena"
"Senti, ti volevo chiedere: ma quel crocifisso gigante che aveva la nonna in camera da letto, dove l'aveva preso?"
"Praticamente, era il periodo della guerra, glielo avevano regalato in cambio di un favore"
"Per un favore? Un crocifisso di legno completo di Gesù alto un metro e cinquanta?"
"Sì, era andata a vestire una signora morta. Siccome erano molto poveri, un parente per ringraziarla  le ha detto che avrebbe potuto prendere qualsiasi cosa si trovasse in quella stanza"
"E lei ha pensato bene di portarsi un crocifisso di legno, un souvenir di Gesú in scala originale, per ricordo della magnifica serata trascorsa"
"Sì giusto, effettivamente faceva un po' impressione, aveva pure un avambraccio rotto che era rimasto attaccato al chiodo. Ogni tanto si staccava all'improvviso e oscillava...", mi pare di sentire quasi il crepitío e di vederlo dondolare come un pendolo.
"Scherzi, impressione? Era un incubo dormire dalla nonna, nessuno voleva dormirci, neppure tu. Sembrava quello di Marcellino pane e vinomi aspettavo che da un momento all'altro aprisse gli occhi e lasciando il braccio inchiodato per il palmo, scendesse dalla croce e mi dicesse "Vieni con me, ti faccio conoscere la mia mamma..." (ndr "Col cazzo" pensavo già a sei anni). 
"Ma cosa vai a pensare con la mattinata, sono le otto!"
"Mamma! Ma tu stai cucinando per la cena!"
"Vero, ci sentiamo dopo che se no si bruciano le melanzane"
 
Click.






Se vi chiedete che fine abbia fatto il crocifisso, non temete, sappiate che ha  trovato dimora a casa di mia zia che lo custodisce gelosamente,  pronto a terrorizzare la seconda generazione di nipoti. 

mercoledì 18 novembre 2020

Tena man, l'assorbente per l'uomo che non deve chiedere mai


tena man
Me lo ricorderò come l'anno più brutto per tutta una serie di circostanze: il Covid, l'impossibilità di tornare in Sicilia per abbracciare mia madre, la paura di perdere i miei cari e la pubblicità indicizzata dei Tena Men, gli assorbenti per le perdite maschili.

Tra uno scroll e l'altro, Facebook mi invita a cliccare su questo nuovo "scudo" protettivo a forma di spallina raglàn. Sono lontani i tempi del Denim, in cui l'uomo che non deve chiedere mai si sbottona i jeans in piena fascia protetta.  Bastava il profumo del nonno per avere tutte le donne più desiderabili ai propri piedi. 

Finalmente, adesso, dopo anni di misoginia pubblicitaria gratuita e di spot improponibili di donne ardimentose  che decidono di lanciarsi col paracadute, o di  fare la ruota,  proprio nei giorni in cui l'unica cosa che vorresti fare è affogare nella Crema di Pistacchio, è arrivato inesorabile il contrappasso. 

Un prodotto per gli uomini, che li mostra in tutta la loro fragilità  dei giorni no. Una protezione traspirante a più livelli di sicurezza emotiva, un assorbente a forma di conchiglia per lottatori di sumo, che consentirà a tutti i maschietti di sentirsi protetti  in quei giorni e magari di guadagnare spessore. 
Dal profumo di muschio all'odore di urina è stato un attimo. 

 
Tena man, per gli  uomini che non devono chiedere mai... Scusi, dov'è  il bagno?

martedì 10 novembre 2020

Churchroom


-"Padre, mi sente?
 -Sposti la webcam, vedo solo il tabernacolo"


A pochi giorni dal decreto che ci dichiara ufficialmente in lockdown, Google mette a disposizione dei fedeli, categoria maggiormente colpita dalla pandemia dopo i runners, una piattaforma per chi non può fare a meno di andare in chiesa. Il 70% della capienza massima ti sembra insufficiente? Adesso ti basterà avere una connessione ad internet per godere di tutta la grazia di Dio direttamente dal tuo tinello. Grazie a questo sistema non rimarrai indietro con rosari, atti di dolore ed eterni riposi. 

Il Vaticano, alla luce dell'impennata della curva epidemiologica, ha fortemente raccomandato ai parroci di tutte le diocesi lo  smart working  e quindi di  avvalersi della MAD,  la "messa a distanza". 
In sostanza, le celebrazioni avverranno in videoconferenza: dal battesimo al corso di cresima, alle lezioni di economia domestica, compresa la preparazione della maionese* per le giovani spose, tutte le funzioni saranno svolte online. In presenza verrà garantita solo l'estrema unzione. Le offerte dovranno essere fatte con satispay  su conto intestato alla perpetua.

Qui di seguito le FAQ.

-Il casting per il presepe vivente sarà svolto on line e tutti i figuranti selezionati indosseranno la mascherina. Anche I Re Magi, se pur provenienti da territorio non a rischio Covid, doneranno oro, incenso e mirra in confezioni monouso. Per la parte di Gesù, costituisce titolo di preferenza avere una partita IVA.

- E' garantita l'eucaristia esclusivamente d'asporto,  attraverso corriere. Grazie ad un accordo con Just Eats, sono stati selezionati riders di comprovata fede cristiana. Sulla app dedicata è già possibile prenotare il pacchetto convenienza con 47 ostie monoporzione a 0,99 cent. cadauna.

- Il rito è abbreviato, della durata di 18 minuti. Da churchroom sarà possibile scaricare le versioni sintetiche di tutte le preghiere.

- Le confessioni peer to peer potranno essere richieste solo per peccati mortali come l'omicidio, il cospargere le vongole di parmigiano, mettere l'ananas sulla pizza e fare la parmigiana con le melanzane grigliate.

- Il segno di pace potrà essere effettuato, a vostra assoluta discrezione,  sollevando a favore di camera un crocifisso o il primo oggetto che trovate alla destra del vostro monitor.

-L'offerta è libera, ma obbligatoria. 

- Per le processioni è stata ideata dagli sviluppatori di Clash of Clan  un' applicazione (solo in abbonamento) che vi consentirà di accumulare punti esperienza attraverso il vostro avatar . Raggiunti i 1400 punti potrete portare il carro della Madonna Addolorata ( o la croce se la situazione non dovesse migliorare entro Pasqua 2021). Gli upgrades settimanali  aumenteranno il vostro mana che gradualmente vi condurrà all'indulgenza  plenaria per i peccati veniali.

-Le benedizioni saranno sostituite da un'onda wi-fi 5G trasmessa attraverso l'imposizione delle mani.

- Tutta l'omelia avverrà a microfoni spenti, le vostre preghiere comunque non verranno ascoltate...

Per qualsiasi altra informazione chiamate il 118.





*Qualche anno fa una mia amica ,che partecipò ad un corso prematrimoniale, mi raccontò che era prevista, solo per le donne, una parte di "lezioni di economia domestica". Il parroco raccomandò letteralmente a tutte le future spose di preparare la maionese ai loro futuri mariti.


domenica 1 novembre 2020

Nessun posto è sicuro come casa di mia zia


Ci sono solo due modi per evitare il contagio da Covid: uno è murarsi vivi come la Monaca di Monza, l'altro è trasferirsi a Palermo, a casa di mia zia Anna.

Casa di zia Anna ha un livello di biosicurezza 5. 

Per "biosicurezza" si intende l’insieme delle misure, delle politiche e delle procedure utili a ridurre al minimo i rischi potenziali per l’ambiente e la salute umana, causati da agenti patogeni e biologici pericolosi in un ambiente chiuso, tipo la classica famiglia siciliana.
Nel 2006, sono stati definiti dal Centers for Disease Control and Prevention, 4 livelli di sicurezza biologica, identificati con la sigla BSL derivante dall'inglese biological safety levels (livello di sicurezza biologico).  Pertanto, più è alto il numero, più è garantito che nessun agente patogeno sfugga dal laboratorio e quindi sia un rischio per l'essere umano. 
Vi sono quindi i livelli da BSL1 fino a BSL4 e infine il BSL aunt Anne (zia Anna). 

Palermo, quindi come il deserto del Gabon, ospita una delle strutture più d'avanguardia del mondo per quanto riguarda sicurezza, decontaminazione degli ambienti, igiene e controllo sui microbi (li conosce tutti per nome e cognome).

Innanzi tutto per entrare a casa si Zia Anna, devi essere autorizzato. Se possibile devi avvisare un paio di giorni prima per permettere la decontaminazione dello zerbino, del pavimento, dei vetri e dei lampadari, nonché della frutta di plastica esposta sul tavolo della cucina. L'appartamento brilla di luce ultravioletta , dall'odore vi sembrerà di entrare nel capannone industriale della  Henkel.

Una volta ottenuto il permesso, gli ospiti vengono ricevuti in una parte comune dell'edificio: la cucina. Se siete fortunati troverete zia Anna in grembiule di decontaminazione, intenta a lavare sotto l'acqua i piselli Findus appena tirati fuori dal pacchetto sigillato.

- “Zia, ma che fai? Lavi i piselli? Ma li hai appena tirati fuori dalla confezione...”
- “Non mi interessa, io mi  schifìo

Durante la visita noterete anche che le melanzane poggiate sul piano della cucina hanno un irrealistico aspetto lucido e che durante tutto il tempo della chiacchierata vi ritroverete in apnea nel tentativo di occupare il minor spazio possibile, tenendo sollevati i piedi dal pavimento, perché lei non le lava le piastrelle, le bonifica. Un'autoclave in carne ed ossa.

-“Lo vuoi un caffè?”
-“No grazie, zia l'ho preso appena prima di arrivare”
-“Va' bene, metto su la caffettiera piccola, quella da sei”

Ogni volta che poggerete la tazzina mentre sorseggerete il vostro caffè, zia Anna, detta la Vileda più veloce del west, passerà la mappina per rimuovere l'inclemente cerchietto marrone sulla cerata. Una volta fui tentata di mettermi la tazzina in borsa pur di non appoggiarla sul tavolo immacolato.

Ogni tanto quando ci guardava, me o i miei fratelli, avevo la sensazione che da un momento all'altro ci potesse dire: “Sapete, è che vi vedo più come batteri che come nipoti”.
Quando toccavamo qualcosa non ci uccideva solo per non sporcare.

Persino mia madre in soggezione, che nemmeno lei scherza in quanto a manie di igiene, quando sapeva che la Zia sarebbe venuta a farci visita spolverava anche mio padre, fermo immobile sulla poltrona.
Di questi tempi, zia Anna, sarebbe un' integerrima ispettrice del comitato tecnico scientifico a cui affidare i controlli HCCP per i Covid Hotel, un consulente perfetto sull'asetticità dei luoghi. Quasi la nominerei Ministro alla Sanificazione, perchè come nel Mago di Oz: nessun posto è sicuro come casa di mia zia.















mercoledì 14 ottobre 2020

Non lo faccio più

fancool

Sono stata richiamata più volte per episodi di violenza, spaccio di giocattoli da casa, turpiloquio.

"Mi sono difeso dal gormita del ghiaccio, la pistola mi è caduta nello zaino, mamma non lo dico mai più "cazzo", te lo prometto".
Mio figlio ha tre anni e mezzo, pesa appena 15 chili e frequenta la materna. Quando succede, la maestra mi aspetta sull'uscio col piccolo mostro affianco, lo capisco mentre mi avvicino al metro di distanza consentito: vediamo cosa ha combinato oggi. Percorro lentamente l'atrio e nel frattempo sento salire lungo la schiena un brivido di vergogna, mentre già lo fulmino con lo sguardo che sembro Clark Kent. Mi domando come sia possibile, a casa queste cose non le fa ovviamente.

Facciamo il percorso di ritorno a casa in silenzio punitivo, lui prova a chiedermi se possiamo comprare questo o quello ed io continuo a voltarmi verso di lui a intervalli regolari:  lo fisso muta, sfruttando il super potere dei raggi laser della kryptonite rossa che mi  escono dagli occhi. 
Il resto della giornata ha come leitmotiv un predicozzo su quanto le regole siano importanti, che le maestre hanno sempre ragione e che la violenza non è mai la soluzione. Ogni tanto  mi viene da ridere, non sono un buon esempio, almeno per le parolacce.

Poi una sera di queste gli metto il pigiama, lui cerca di fare captatio benevolentiae:

"Mami, cosa c'è scritto sulla mia maglia?"
"Cool!"
Si guarda il petto, mi guarda con gli occhi sgranati, attimo di silenzio:
"Ma', ma davvero mi hai comprato una maglietta con scritto CUL?"

Buonanotte Silvano, domani a scuola viene a prenderti papà.


venerdì 2 ottobre 2020

La festa dei nonni

Ho scoperto che è la festa dei nonni grazie ad un lavoretto osceno, un biglietto disgraziato, fatto da mio figlio alla materna. 
"Nonni I love U" c'era scritto. Mi sono riaffiorati un sacco di ricordi.
Perché sono tutti fantastici i nonni, e lo sono stati, lasciando in voi ricordi indelebili.
Come mio nonno paterno, un tesoro. Si sposò per la terza volta a 83 anni, lei ne aveva 50. Chissà cosa non aveva capito delle precedenti due, mi domando sempre. Eterno vedovo con le innumerevoli amanti, assente egregio con figli e nipoti. Scoprii della sua esistenza, che era vivo insomma, quando avevo 12 anni. 
Ricordo ancora quando mio padre me lo annunciò: 
"Domani ti porto da nonno, mio padre"
"Ma non era morto?"
"Sì, ma è resuscitato" mi disse con lo sguardo intimidatorio di chi non vuole fatte altre domande.
E pure il Peggio doveva ancora venire: qualche settimana venne a vivere da noi per un periodo piuttosto lungo. Fu uno stillicidio. Mio fratello, uno dei miei tre fratelli, lo chiamava "la mummia", per farvi capire l'atmosfera. Un inferno fatto di "perchè non te ne torni da dove sei venuto" e recriminazioni violente. A tavola pur di non vederlo in faccia, innalzavamo mura di centrotavola e bottiglie, mentre mia madre arbitrava cene e pranzi da incubo, in cui l'aria talmente pesante si poteva affettare col seghetto. Poi ritrovò moglie, o meglio gliene trovò una mio padre, e se ne andò via sparendo di nuovo nel nulla. Nessuno si disperò.
Un uomo fantastico da seguire come esempio in Purgatorio. Morì nel 1999.
Ciao nonno, adesso insegna agli angeli a barare a briscola.



giovedì 19 marzo 2020

Flashmob

Anno 2009, mio padre, il mio mito assoluto, muore dopo due anni di atroci terapie e ricoveri. Un dolore da non dovervi spiegare.
Il 17 Luglio i funerali e al prete della chiesa, rincoglionito quanto basta, ad certo punto della predica, gli cade la dentiera mentre alza le mani al cielo. Se la sistema come nulla fosse "con lo spirito Santo" e il pollice in bocca. Mi volto lentamente e dietro vedo i miei amici, quelli che si contano sulle dita di una mano, tentare di soffocare le risa. Col labiale mi chiedono scusa, si danno gomitate e si tappano la bocca con le mani. Ma c'é un problema, rido pure io. Sì, io. Per 30 secondi mi sono sentita di nuovo umana, nella mia comfort-zone che nulla toglieva a me, né a mio padre di cui sono la replica. Avrà di certo riso pure lui. La morte è un problema dei vivi.
Ci penso spesso in questi giorni, soprattutto quando qualcuno scrive che bisogna avere rispetto per chi è ricoverato, intubato, pluripatologico, immuno e depresso; per chi preferisce il silenzio o per chi ha bisogno di calma per uccidere i coronavirus a uno a uno a colpi di amuchina, perché con i flashmob si sta esagerando, giacché la modalità uccello del malaugurio è più consona.
Io invece ieri, a sentir l'inno nazionale mi sono emozionata, mi rallegrava vedere gli anziani soli del quartiere, affacciati dai loro soggiorni, in cerca di un saluto e un sorriso. Perché ridere è una cosa seria e soprattutto rinforza le vostre difese immunitarie.

mercoledì 18 marzo 2020

L'amore ai tempi del coronavirus

Risultato immagini per coronavirus cuoreTratto da: Io e te, un metro di distanza

"Era così bella, la sua immagine riflessa sul vetro del banco del pesce surgelato, circondata dagli stoccafissi. Poi, come previsto, ci incontravamo clandestinamente al reparto salumeria. Sentivo le mie braccia tremare, stringevo fra le mani la mia autocertificazione.
Ricordo che una volta mi disse: "prendi tu l'ultimo salame..." 
Me lo porse, svenni sullo scaffale delle penne lisce, ormai vuoto anche quello"

martedì 17 marzo 2020

Il Coronavirus a Palermo

Palermo, annus domini MMXX.
Il #coronavirus giunge a Palermo. Tratto da una storia vera.
Nel nosocomio Ospedale Cervello una famiglia piange il caro estinto nella camera mortuaria.
I parenti sono riuniti intorno al feretro, piangono, mormorano:
"Che brava persona che era", "poteva vivere ancora un po', non era vecchio", "una brutta malattia se l'é portato". Pianti. Commiati.
La sala si fa sempre più gremita. Accorrono parenti da Agrigento per l'ultimo saluto.
Ad un certo punto, nel brusio sommesso, arriva il parente zero che trafelato urla: "Peeeyno, al prontosoccorso hanno detto ca arrivó u' coronavirus, Scappiamo! ", in 5 secondi l'Apocalisse. Fuggi fuggi generale, le donne acchiappano i bambini e si fiondano fuori urlando il si salvi chi puó. Pino e il parente zero cominciano un giro di telefonate per fermare i parenti in arrivo dall'estero: "Totó, torna indietro, quà c'è il coronavirus... Come sarebbe a dire come fai a tornare?...Scendi a Roccapalumba e prendi quello di ritorno per Agrigento". La sala comincia a svuotarsi, un parente che stava mangiando un panino lo getta per terra, se la dà a gambe levate, si spacca un sacchetto della spesa. Mele che rotolano dappertutto. La sala adesso è vuota, c'è solo la bara scoperchiata e il panico che fa eco. A quel punto arriva l'operatore delle pompe funebri che basito rincorre l'ultimo visitatore rimasto che sta scappando, lo acchiappa per la manica e chiede: "Scusi, ma ora noi che facciamo?"
"Lo chiuda, lo chiuda! Si sbrighi, tanto non resuscita!"
Vanno via davvero tutti. La bara è sigillata, abbandonata insieme alle mele. Un uomo che si trovava lì, aveva assistito alla scena, si avvicina all'operatore delle pompe funebri che sta andando via e chiede: "Sa, mica come si chiamava questo signore?", riferendosi al defunto.
"No, mi dispiace, non gliel'ho chiesto prima di chiuderlo".


FINE.