sabato 28 dicembre 2013

Ciolla febbre

Siringa di Pravaz

Due settimane di febbre , tosse con catarro tipo chewin-gum e antibiotici come se non ci fosse un domani.
"Mamma, sto morendo forse ho il colera"
"No, non stai morendo, ma tu non ti avvicinare...". Teme il contagio.
"Mammina, scusa, ma ai tuoi tempi come ci si curava, cioè uno stava male e che faceva?"
"Andava dal barbiere"
Ok è vero, fa ridere, ma lo diceva anche mia nonna. La fonte è certa.
"I barbieri non solo erano i dentisti dei poveri ma facevano i salassi con le sanguisughe" 
"Anche per il colera?"
"Per tutto: Avevi un mal di testa? Andavi dal  barbiere e ti piazzava una bella mignatta (altro nome della sanguisuga ndr) in testa. 
Avevi un dolore al nervo sciatico? Ed ecco che te la piazzava sull'osso sacro. Avevi un' unghia rotta purulenta? Eccola sulle dita, ciucciava il sangue e ti guariva, secondo lui, procurandoti un salasso"
"Mammina, scusami e se soffrivano di impotenza?"
Attimo di silenzio, un rotolo di sterpaglia attraversa il deserto che si è appena creato in soggiorno, spinto dal vento dell'orrore che le si legge in faccia. 
"...Sei sicura che in quel caso si trattasse proprio di mignAtte ?"




martedì 24 dicembre 2013

Il presepe ai tempi dello Spread: San Giuseppe e l'IMU




Questa è un'altra delle tristi storie della crisi. Quest’anno in Giudea è accaduto qualcosa senza precedenti. I Re Magi, giungeranno dal lontano Oriente e invece del solito trittico oro, incenso e mirra, verranno in veste di ufficiale giudiziario per pignorare la capanna: a quanto pare non sono state versate le quote IMU per la baracca. Già l’Arcangelo Gabriele aveva notificato la cartella di pagamento a Maria Vergine che ha deciso di fare causa all’ASL di Nazareth per le complicazioni avute al feto per via dello stress emotivo. San Giuseppe non avendo altra scelta ha deciso di incatenarsi alla mangiatoia in segno di protesta. “Lo Stato ci ha abbandonati- ha dichiarato il falegname di Gerusalemme- da secoli ci parlano dell’Assunzione di Maria, ma nessuno s’è mai fatto vivo” .

sabato 21 dicembre 2013

Il suicidio del pastore capitalista

Questa è una delle tristi storie della crisi. L' anno scorso il pastore capitalista arricchitosi alle spalle di tutti gli clicca qui per una diapositiva del pastore nei tempi d'oro)  ha deciso di mettere fine alla sua breve esistenza  avvelenandosi col muschio della mangiatoia. Sui fatti indaga la procura di Nazareth.  Forse non si tratta di suicidio.  Da Mazzate sul Cranio è tutto.
altri pastori del presepe, deteneva la quota maggioritaria dei  pascoli di tutta la Giudea. Quest'anno però qualcosa deve essere andato storto e i Re Magi giunti da lontano, invece del solito tris incenso,  oro e birra, hanno portato  la notifica della cartella di pagamento relativa ai contributi non versati per il pascolo. "Dovevo pagare Pilato" pare siano state le ultime parole dell'uomo prima del gesto estremo. Strozzato dal fisco, il pastore capitalista (
Zan zan, za za za zan zan.

Io&Bruno


mercoledì 18 dicembre 2013

Gesù dopo la mezzanotte

Anche quest'anno ho fatto il presepe. Adoro sostituirmi al Creatore e costruirmi la mia piccola Giudea in miniatura.
Quest'anno San Giuseppe e Maria hanno atteso un gremlin, il simpatico esserino dal muso tenero che se nutrito dopo la mezzanotte o bagnato d'acqua  si trasforma in un mostro assassino assetato di sangue.

E menomale che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, perché se c'avesse creato Satana...





venerdì 13 dicembre 2013

Lo sparatrap

Donne! Problemi di peli superflui? Dimenticatevi della ceretta, delle creme depilatorie ,del silkepil! C'è qualcosa di migliore per voi amanti dell'epilazione d'avanguardia  , economico e soprattutto efficace: lo Sparadrap (sparaTrap per la buonanima di mia nonna) o meglio conosciuto come Leukoplastico. Una volta applicato basta poggiarlo sull'epidermide, tirare i margini et woilà il gioco è fatto: non un pelo superfluo! Ma più inestetismi della pelle... nemmeno la pelle.


P.s se siete finiti su questo post é perchè l'avete cercato su google. Probabilmente avrete cercato : "come si scrive sparatrap?" Oppure "perchè si chiama sparatrap?"  pensando "Perchè mio nonno lo chiama sparatrap?"...E probabilmente sei del Sud...

A questo interrogativo vi risponde così l'Accademia della Crusca:
 Il Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT 2007) registra alla voce sparadrappo due accezioni: 1. ‘piccola garza imbevuta di liquidi medicamentosi, da applicare su ferite o piaghe’, accezione bollata come “obsoleta”; 2. ‘cerotto’, che è invece segnalata come “meridionale”. Il Sabatini-Coletti 2008 e lo ZINGARELLI 2013 precisano che oggi sparadrappo(e – aggiungiamo noi – soprattutto la sua variante dialettale sparatrappo, con passaggio -dr- tipico dei dialetti del Sud) è un termine in uso nell’italiano regionale meridionale per indicare il cosiddetto ‘cerotto adesivo’, cioè quel nastro di tela o simili ricoperto da un lato da uno strato di sostanza adesiva, impiegato nelle medicazioni, per fissare le bende o le garze.

Quanta cultura.



mercoledì 4 dicembre 2013

La nuova banconota Euro


In ossequio alle indicazioni dei governi nazionali, considerate le grandi doti da usuraia della BCE, viste le attitudini alla democrazia della cancelliera tedesca ecco a voi la nuova banconota da 0 EURO, fatta a posta per circolare nelle tasche degli italiani e dei cittadini europei che non arrivano a fine mese. Con questa banconota dalla filigrana di carta igienica, potete acquistare tutto quello quello che volete: batterie di pentole mondial casa, materassi eminflex, aspirapolveri e sopratutto potete aprire l’attività che avete sempre sognato. Col piede di porco.

martedì 3 dicembre 2013

Acqua di fonte. Battesimale.

E poi ci sono mattine in cui arrivi al distributore automatico che hai una  sete della Madonna e.... ti accontentano.
Acqua extravergine, per giornate a prova di demonio. 

lunedì 2 dicembre 2013

Dov'è finita la tredicesima?


Dicembre mese di tredicesime, finalmente una boccata d’aria.

Dunque, la signora prende 500 euro di pensione ed ha una casa di proprietà, comprata a sacrifici dopo un mutuo secolare, fortunatamente non deve pagare l’affitto. Per questo Natale abbiamo ben 1000 euro, mica poco.

La signora è contenta di avere qualcosa in più e “finalmente si mangia”, ma quando ritorna a casa guarda il suo incubo dalla fessura: la cassetta della posta. Ecco dove è finita la tredicesima, trasferita e ripartita ,ancor prima di prelevarla dal libretto postale, tra la TARES, le bollette di fine anno a conguaglio, l’assicurazione della piccola automobile, il canone Rai, la chiusura di bilancio delle spese condominiali. ”E menomale che il bollo per l’auto è a Marzo”, pensa.

La signora è piuttosto contrariata, sale a casa e accende la TV, poggia sul tavolo i sacchi della spesa e fa spallucce quasi pentita di essersi permessa un panettone Motta.

Comincia il TG, solite notizie meteo che le ricordano quanto costa il riscaldamento, poi un’intervista alla Camusso che dice : ”Sarebbe sensato reintrodurla”, riferendosi all’IMU sulla prima casa.

Non dice mai parolacce, ma questa volta la signora apre il suo panettone prima del tempo e lo mangia dalla poltrona sussurrando: “signora Camusso, fottiti”.

giovedì 28 novembre 2013

Berlusconi come D'Annunzio: decadente

Berlusconi è decaduto,ma non deceduto, triste e amareggiato si lascia consolare dalla sua fidanzata fatta di saratoga.
Per lui un minuto di silenzio, mi pare sufficiente,invece:  ne vogliamo parlare del primo dei non eletti in Molise che prenderà il posto di Silvio in Parlamento?

Si sarà congratulato col cavaliere? Ha stappato lo spumante? Ha pianto di commozione?

Sta di fatto che si chiama Ulisse ed è già approdato in Senato. Un nome che calza a pennello per questa Odissea nazionale.




domenica 24 novembre 2013

L’Europa è fallita andiamo in pace

E’ di ieri la notizia di un Berlusconi che in segreto, avrebbe avviato le trattative a Bruxelles per uscire dall’Euro, dalla moneta unica. Si riapre così la discussione su quanto effettivamente questa Europa sia più un danno che un vantaggio per noi Italiani.

Il fallimento dell’Europa unita era già noto ai fondatori che già negli anni di rodaggio ebbero i primi problemi di convivenza. L’UE sorge sul pilastro di quella che era la CEE – classe 1957- ovvero la comunità economica europea che , come dice l’acronimo stesso, si proponeva di condividere, innanzi tutto, gli aspetti economici degli Stati, in un secondo momento quelli politici (cosa teoricamente avvenuta nel 1992 col trattato di Maastricht).

Unione economica

Avete mai provato a mettere una mela marcia dentro a un cesto di mele buone? Succede, ve lo dico io, che anche le mele buone diventeranno marce. Questo è quello che è accaduto affiancando paesi di medio e basso sviluppo a quelli che in effetti godevano di un’economia stabile. All’inizio gli Stati erano 8,oggi 28; nel quale confluiscono nazioni che a mala pena godono dei diritti civili primari (Romania, Repubblica Ceca ad esempio)

L’altro giorno, guardando una vecchia enciclopedia Rizzoli che ho in casa, edita intorno agli anni ottanta alla voce Italia c’é così scritto: “Nazione europea, quarta tra le potenze economiche mondiali”. Negli stessi anni, a onor di memoria, una nazione come la “magnificente”Germania si inventava un bel muro per dividere la nazione, come se si trattasse di una bega condominiale. Un muro di cemento a Berlino. La stessa Germania che non ha ancora finito di pagare i risarcimenti della seconda Grande Guerra e ci tiene stretti per i “paesi bassi”.

Unità politica

E’ da più di 13 anni che ai piani alti di Bruxelles si discute di una Costituzione Europea, ovvero di un nucleo unico di norme applicabili indistintamente in tutte le nazioni dell’Unione. Diritti umani, basilari, quelli attinenti alla dignità umana, affari chiari a qualsiasi società civile moderna.

Leggi uguali per 28 paesi diversi. Una follia. Il motivo per cui non siano riusciti ancora a venirne a capo è abbastanza ovvio. Pensate ad una famiglia con dei figli, pensate di metterli d’accordo sul dove andare in vacanza. Ecco, ora immaginate cosa accade ai singoli Stati con una forma di governo propria, un’identità, un proprio percorso secolare socio-culturale quando gli si chiede di cedere parti di sé per un compromesso legislativo. Il dominio riservato , la famosa domestic jurisdiction, può essere oggetto di trattativa? Forse sì, a vantaggio di enormi interessi economici e di un benessere generale tale da sovrastare qualsiasi altra perdita, come dire “piangere con un occhio”. Una nazione con PIL rasoterra, messo che il PIL sia rappresentativo della ricchezza reale di un paese, per chi? A nome di cosa? Dei vantaggi di chi?

Poi arriviamo in Italia le cui problematiche non sono solo nazionali, ma soprattutto regionali, tra Nord e Sud, è uno Stato a due velocità; figuriamoci quando un’economia come questa viene inserita nel marasma di altri 27 paesi che a loro volta hanno situazioni economicamente diverse all’interno dei propri confini nazionali.

Pensare di cavare il ragno fuori dal buco con queste premesse è fantascienza. Uscire dall’Euro, al di là di quanto rode alla BCE, non è un’idea assolutamente priva di fondamenta. I primi periodi sarebbero certamente di crisi, ma come in tutti i cicli economici, ad un periodo di depressione succede un altro di boom economico. Rischiare o scavare il fondo? Di questo passo possiamo solo parlare di nEuro-zona: o affonda tutta la nave o si salvi chi può.


Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. 
Albert Einstein

venerdì 22 novembre 2013

Peppa Pig ultima puntata...

Peppa Pig, in italiano Giuseppa Maiala, o Giuseppina la Porca, è un cartone animato che è molto in voga tra gli infanti del momento.
Io che sono cresciuta a pane, Candy e Ken il Guerriero non ce la posso fare. Per poi non parlare di quella gran zoccola di Violetta acqua e sapone, che si fa truccare per sei ore prima d'ogni puntata.  Come se non bastassero le puntate, adesso le vetrine di tutti i negozi ti propinano oggetti, vestiti, tendaggi, contenitori con la simpatica effige del maiale rosa. D'altronde è lo specchio di questa società piena di suini ambulanti. Cosa ci insegna questa serie animata? Che bisogna grugnire, grugnire, grugnire! 


Indi per cui, mi aspetto un finale d'onore...e magari mi compro maglietta, piumone e serie completa in lingua originale. Oink.



mercoledì 20 novembre 2013

Chi ce l'ha più lungo? Te lo dice la mappa.

Adoro la statistica, come l'olio di ricino a colazione.
Esistono mappe e mappine per tutto, compilate a dovere; pare che ci sia gente che non faccia altro nella vita, o che lo faccia per mestiere.
Tra tutti i censimenti questo è in assoluto quello più interessante, ovvero quello che ha dato vita  alla carta "penegrafica". Che sia vero o meno poco importa, il punto è: ma chi si è occupato della verifica?Un esercito di telefoniste spregiudicate? Oppure munite di righello si sono recate nelle singole case a fare "rilievi" tipo carotaggi dell'ANAS?

Una nota positiva però c'è: adesso so dove si trova il Molise.

martedì 19 novembre 2013

Odore di santità

Il passaggio di Padre Pio lascia profumo di fiori.
A casa mia allora o c'è stato Satana o il broccolo non era fresco.

domenica 17 novembre 2013

3 milioni di Euro all'Italia per studiare i neutrini...

"Il Consiglio Europeo della Ricerca (Erc) ha assegnato un finanziamento di 3 milioni di euro al progetto di ricerca italiano Holmes, che punta a studiare la massa dei neutrini per comprendere meglio l'evoluzione dell'universo. Il progettos arà coordinato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dall'Università di Milano-Bicocca.Misurare la massa del neutrino significa anche capire come sta evolvendo l'universo e quindi comprendere tutto quello che ci circonda"

Io che i neutrini me li sono sempre immaginati come degli animaletti metà bambini e metà sofficini Findus.
Già due anni fa la Gelmini la sparò grossa dicendo che l'Italia aveva contribuito con 45 milioni di Euro per un tunnel che dal Gran Sasso portava i neutrini al Cern di Ginevra, alla velocità più veloce della luce. Chissà se i fari gli funzionavano. Ma a noi Italiani ci piace credere alle favole.



Tre milioni di Euro, per i neutrini.
Tre milioni di Euro per comprendere l'evoluzione dell'universo.
Tre milioni di Euro per capire una cosa di cui non ce ne frega un cazzo.

venerdì 15 novembre 2013

Eutanasia a domicilio.Come far morire qualcuno in agonia tra storia e superstizione

"Togli quelle forbici che hai poggiato sul letto", mi dice mia madre.
"Mamma, dai, ora le tolgo"
"Ti ho detto di toglierle perchè non si fa"
"Smettila con la superstizione tanto non ci credo a queste cose"
"Fai come vuoi, le forbici si mettono sul letto di chi è in agonia per farlo morire prima"
"MAMMMAAAAAAAAAA"

Ok. Ora le forbici sono sul tavolo.
Mi racconta che nelle tradizioni horror siciliane, di cui lei è un'esperta conoscitrice, si usava mettere un paio di forbici sotto il cuscino di chi fosse sul punto di morte, in agonia per l'appunto, per acceleragli la dipartita.
Insomma, roba da raccontarla ai bambini prima di andare a dormire.
Mi ha fatto venire in mente una cosa che avevo letto tempo fa su un' usanza della Sardegna.
In sostanza quando una persona stava per morire e tardava, e quindi i parenti già s'erano stufati di pregare le litanie intorno al capezzale del defunto prossimo, chiamavano la così detta "Femmina accabradora" (letteralmente : colei che finisce), una sorta di eutanasia a domicilio.


Si trattava di una donna che uccideva persone anziane che non doveva essere retribuita dai parenti dell'anziano poiché il pagare per dare la morte era contrario ai dettami religiosi e della superstizione.

Le pratiche di uccisione utilizzate dalla femmina accabadora erano diverse: si dice che entrasse nella stanza del morente vestita di nero e con il volto coperto, e che lo uccidesse tramite soffocamento con un cuscino, oppure colpendolo sulla fronte tramite un bastone d'olivo (su mazzolu) o dietro la nuca con un colpo secco, o ancora strangolandolo ponendo il collo tra le sue gambe. Lo strumento più utilizzato, del quale si trovano ancor oggi dei reperti, consisteva in una sorta di martello di legno ottenuto da un ramo. Altri parlano anche di un piccolo giogo in miniatura. Gli venivano tolti poi dalla stanza tutte le suppellettili sacre appartenenti al de cuius così da favorirgli il distacco dell'anima. Non stupisce, in oltre, che a rivestire questo ruolo erano vedove o zitelle acide senza pietà.

Sono tradizioni di origine ellenica che nelle forme meno cruente si sono sviluppata sotto forma di coro funebre tra pianti e lamenti di quelle che noi in Sicilia conosciamo come prefiche, le donne che a pagamento piangevano al corteo funebre. Più prefiche c'erano, più il morto era stimato.
Insomma,  la Grecia ci ha lasciato anche questo in eredità, anche il buttare da una rupe storpi e  anziani.



Un ultima cosa dell'Accabadora: il suo, non era considerato il gesto di un'assassina ma era visto dalla comunità come un gesto amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. Il suo atto è la fine benevola di una vita diventata troppo sofferente; lei è considerata l'ultima madre. Tutto chiaro? Quasi quasi rivaluto la Franzoni.



domenica 10 novembre 2013

sabato 9 novembre 2013

Uomini che si rifanno le sopracciglia



Davanti al centro estetico con stupore leggo il listino prezzi suddiviso in categorie e alla voce “ceretta uomo” non solo trovo “depilazione sopracciglia”, ma anche “perfezionamento sopracciglia”.


D’accordo, prendersi cura di sé non è mica reato, però avere un fidanzato che “scusa tesoro ma ho l’appuntamento con l’estetista” , a meno che non voglia farmi cornuta, mi lascia perplessa. Cari uomini chiedete consiglio alla nonna, prima di procedere con deforestazioni inutili, ne guadagnerete in credibilità di ruoli.

Vada per il monociglio alla Elio de le Storie Tese, ma l’arcata ad ali di gabbiano no. Questo non lo posso sopportare.

Artista di fame internazionale

Due fuori dal bar:
"Complimenti per la trasmissione di ieri! L'ho vista alla televisione!"

"Interessante, poi se era Chi l'Ha Visto o Quarto Grado, ancora meglio", mi intrometto.

Attimo di silenzio.

Questa volta l'ho pensato e l'ho pure detto. Rideva pure il cane. Tranne l'artista di fame internazionale, chissà perché.







venerdì 8 novembre 2013

Sesso: 5 cose schifose degli uomini che le donne sopportano


Secondo uno studio olandese dell’università di Vattelapesca , le donne quando sono eccitate soprassederebbero serenamente a delle abitudini poco signorili degli uomini. Cose del tipo scaccolarsi, guardare la finale di Champions…
L’esperimento si è svolto su 90 donne divise in 3 gruppi. Un gruppo è stato sottoposto a stimoli di tipo erotico, un altro a stimoli anti-sesso ed un terzo gruppo, di controllo, sottoposto a stimoli neutri. Ad alcune di loro è poi stato chiesto di superare delle piccole prove di disgusto del tipo: bere da una tazza nel cui fondo c’era un insetto di mezzo chilo; ad altre invece è stato indicato di compiere atti di tipo “erotico” come lubrificare un vibratore dinnanzi ad una folta platea.

Da tutto questo gran lavoro è risultato che le donne sottoposte a stimoli erotici erano più tranquille nello svolgere le piccole imprese disgustose.
Sulla base di questa ricerca intelligente, un altro genio del pastificio ha compilato una lista si atteggiamenti e  modi di fare che in linea di massima darebbero fastidio, ma che nell’ambito di un rapporto sessuale non creerebbero alcuna variabile. Questi comportamenti sarebbero:
  1. Ruttare. Un rutto a letto non sarebbe cosa grave se fatto tra le lenzuola.  Che ne dite? “Amore vengo” “Brooaar”. Fine, davvero.
  2. Scoreggiare. Secondo molte donne un peto “non sarebbe poi un gran problema” . Vero, d’altronde si sa, che le donne sono delle crocerossine nate; magari si tratta di qualche riminiscenza delle camere a gas.
  3. Peluria. Molte donne  sembrano non amare particolarmente gli uomini villosi, ma potrebbero soprassedere all’effetto zerbino.
  4. Alito cattivo. Mangiare un cimitero  non dovrebbe essere un problema per alcune. D’altronde c’è chi va e chi viene… un bel “ti amo” al sapor di bagna cauda non ha mai ucciso nessuno…  Desiderio a parte.
  5. Dulcis in fundus, e che fundus, le donne sembrerebbero soprassedere anche alla vista di una “strisciata” sulle mutande. Non stiamo parlando di pedonali è ovvio.  A quanto pare nel momento in cui  l’uomo si toglie gli slip, la donna non connette più tanto da ignorare il fattaccio e andare avanti come nulla fosse, anche se le mutande del partner sembrano un quadro di Picasso nel suo periodo di merda.

Non c’è che dire, questi olandesi ne sanno una più del diavolo, quasi quasi mi trasferisco. In Australia però.

giovedì 7 novembre 2013

Stivali con pelo donna a sette euri da Auchan

La consecutio temporum può salvarti la vita.


Prete bestemmia al megafono durante la processione. Epic Win



E chissà su cosa ha inciampato, mi chiedo, visto che Don Aldo, parroco di lungo corso di Figline Valdarno, in provincia di Firenze,durante una funzione ha pensato bene di bestemmiare per concludere in bellezza.


La notizia già sentita, ma a quanto pare, stando alle fonti, il motivo dell’ eccesso d’ira sarebbe stato un inghippo in processione. Mentre tutti, il pio popolo a seguito del parroco e della banda marciante, assorti nella crisi mistica da mal di piedi, sentono Don Aldo pronunciare una frase che nemmeno la bambina dell’esorcista avrebbe pronunciato. Cammina, inciampa sull’ asfalto e parte con l’invettiva verso il padre eterno dandogli del suino. Niente di grave, se non fosse per il piccolo particolare che brandiva il megafono davanti a sè.


I fedeli impressionati, in un primo momento, hanno fatto finta di nulla proseguendo nel cammino, poi si sa come vanno queste cose e di bocca in bocca il fatto è arrivato alle orecchie della Curia che vuole scomunicarlo per direttissima.


Sembra una notizia di Lercio et similia, e invece è tutta la verità nient’altro che la verità, come i cerchi nel grano. Un peccato esserselo perso, solo per il gusto di vedere le espressioni delle vecchie zie del corteo. Io lo perdonerei, in fondo se l’ha fatto è perché ci crede veramente, un po’ come quando è colpa di Berlusconi e piove governo ladro. Fosse accaduto a Palermo sarebbero partiti gli applausi.


Tuttavia ,per concludere, mi viene in mente una barzelletta di qualche anno fa che recitava così:


Un sardo chiede al sindaco:


“Signor Sindaco, posso chiamare mio figlio Dio?”


“Certo, faccia pure signor Porcu”

mercoledì 30 ottobre 2013

Eau de munnizz


Adoro mangiare mentre cammino per strada, mi dà un senso di pace con il mondo. Soprattutto quando ad ogni morso sento i suffumigi della munnizza e i lezzi nauseabondi delle cagate canine.

martedì 29 ottobre 2013

Lei non sa chi sono io

La procura di Napoli è anche meglio del cabaret, soprattutto quando la teste sembra la versione femminile di Mario Merola e il PM durante la requisitoria mastica chewingum come un ruminante.
Il fatto: omicidio in concorso.
Mandante ed esecutore sono coimputati e fanno a scarica barile.
L'avvocato del mandante interroga la madre del killer. Il clima è molto teso.

"Signor giudice, io non mi sento tutelato, la teste continua a chiamarmi "signore, signore".Io sono l'avvocato io!Mi chiami avvocato!"

La testimone si gira verso l'avvocato e senza paura alcuna urla:
"E lei perché chiama a mio figlio assassino?"


Epic win. Lo stai facendo nel modo corretto.



Per la puntata completa:
La vendetta - Un giorno in pretura del 26/10/2013
Si tratta del caso Bonocore.

lunedì 28 ottobre 2013

Differenziamoci



Ho fatto a pezzi il mio vecchio materasso. Ho separato la parte tessile da quella metallica. Quest'ultima l'ho conservata appositamente per darla ai "cercatori di ferro" o rigattieri della spazzatura. L'ho tenuta un paio di giorni sentendo le urla di mia madre che non ne poteva più di avere questa grata in salotto. Ma oggi, oggi ho chiamato dal balcone il cercatore di ferro e subito gli ho chiesto se gli potesse far comodo. Sono scesa giù, l'uomo non sapeva come ringraziarmi prima. A momenti mi baciava le mani. Io quasi mi son sentita in colpa. Quanto gli frutterà? Una decina di euro? Giusto per garantirsi il pranzo oggi o la cena.

Differenziamoci, noi umani, che è meglio.

domenica 27 ottobre 2013

La salma è la virtù dei morti

Ci vuole salma e sangue freddo

“Non c'è matrimonio in cui non si piange e funerale in cui non si ride”, dice un vecchio proverbio Siciliano. Niente di più vero, matrimoni e funerali sono occasioni ghiotte per chi ama i piagnistei. Ai primi si piange di gioia, ai secondi di tristezza. Alle volte, è l'esatto contrario. Entrambi gli avvenimenti, inoltre, hanno in comune la conseguenza di farvi fare un bagno completo nel parentado che non vedevate dal matrimonio o funerale precedente.
I funerali siciliani vecchio stampo sono una della poche cose che resiste nella nostra tradizione, certo, non sono come li descrivono nei film “coppola&lupara”, sono molto peggio.
Intanto devi sperare che la buonanima non decida di dipartire di Venerdì; questo significherebbe che tutto il carosello finirà il Lunedì successivo.
La Notizia
“E' morto lo zio Pino”“Quale?”
In ogni famiglia made in Sicily che si rispetti, ci sono almeno due zii Pino. Quando si riceve una notizia simile, l'attimo di interdizione è d'obbligo, giusto per capire se addolorarvi o meno.
“Ah sì lo zio Pino, ma quanti anni aveva?”
“Non era tanto vecchio, aveva “appena” 96 anni”

La visita
Se il feretro è a casa, la maggior parte delle volte lo troverete apparecchiato in salotto, mentre i parenti in cucina litigano già per l'eredità. Se, invece, è in camera mortuaria, non fate come me, fatevi indicare prima con esattezza quello giusto.
“Povero zio, come è cambiato...”, dico alla signora bionda che piange lacrime amare. Tra me e me penso che sarà la figlia, ma non posso farle capire che non ho la minima idea di chi sia.
“E' stato un duro colpo per tutta la famiglia, siamo molto addolorati”, le dico.
La signora mi guarda storto, non capisco. Non capisco fin quando mi sento dare un colpettino alle spalle e sento la voce di mia madre, al limite della serietà, che mi dice: “guarda che hai sbagliato morto, lo zio è nella stanza accanto”.
Quando è così, dovrebbero mettergli al polso il braccialetto col nome, come ai bambini quando nascono.
La Messa
Il prete, la maggior parte delle volte, è un incrocio tra Mister Bean e Bruno Vespa. Si sfrega le mani ed è invaso dallo “spiritoso santo”. L'omelia è sempre degna di un libro di Coelho: “Perché la morte è la cosa migliore che possa accadervi nella vita”. Sticazzi, penso tra me e me.
“Perché voi, dovete farvi trovare pronti e felici nel momento in cui il Signore ha deciso di portarvi con voi” . Che dite, mi metto il vestito di carnevale? Per sicurezza mi faccio montare un catafalco al posto del letto?
Dopo 45 minuti del menagramo, la messa volge al termine nei due momenti clou de “lo scambiatevi un segno di pace” e dell' eucaristia.
Nel primo, tutti con risolino sulle labbra, imbarazzati come il primo giorno di scuola, si apprestano a stringere la mano alla persona più vicina. “Che ci ridi” , mi viene da pensare. La prossima volta mi spalmo la mano di colla e vediamo se ridi ancora, penso tra me e me.
L'eucaristia invece è il momento in cui si fa la passerella verso il corpo di Cristo. Corpo di Cristo, dentro la scodella. Una sfilata effetto domino. Un'occasione per fare lo sgambetto all'ultimo della fila per vedere che succede. Pio popolo che in Chiesa si batte il petto e poi arrivato a casa non saluta nemmeno il fratello per una sciocchezza.
Il cimitero
Nei paesi dell'entroterra, si usa fare il corteo dalla chiesa fino al cimitero. Una fiumana di gente, che a passo da processione, segue il feretro in religioso chiacchericcio. I funerali, come le processioni, nei paesi rappresentano un diversivo da non perdere. Mentre sei al corteo ti accorgi che, a parte gli stretti congiunti in pole position, le persone parlano di tutto tranne che di ciò che sta accadendo.
“Ma tu nella pasta al forno lo metti l'uovo”, sento alle mie spalle.
Oppure, riferendosi al de cuius: “ma tu lo sai che gli faceva le corna alla moglie, con la figlia del fratello del cugino acquisito di zio Corrado, nipote di Agata la pazza?” Insomma, meglio di Novella 2000: Esequie 2000.
Finito il carosello, si attende la tumulazione, ed esattamente come scarafaggi in fuga dopo aver acceso la luce, si ritorna a casa stremati e devastati in attesa della prossima notizia. Ok, adesso potete pure toccare ferro. Alla prossima. Amen.

sabato 12 ottobre 2013

Lobotomia, avrei preferito non saperlo




Quest' uomo che vedete in foto era Antonio Egas Moniz e vinse il Premio Nobel per la medicina nel 1949. Lo vinse per aver sperimentato una nuova tecnica di lobotomizzazione dei pazienti psichiatrici. La lobotomia consiste nella trapanazione di parti del cranio al fine di rimuovere parti del tessuto osseo per guarire malattie psichiche di vario genere, dalla nevrosi alla schizofrenia. L'inventore di questa tecnica fu un medico Svizzero, ma Moniz ebbe la geniale idea di iniettare l'alcol etilico. Questi interventi divennero sempre più frequenti nei manicomi di tutto il mondo, "perfezionandosi" di volta in volta. L'americano W. Freeman, addirittura, sviluppò una versione che prevedeva di raggiungere il tessuto del lobo frontale attraverso i dotti lacrimali. In questa forma di lobotomia, detta transorbitale, veniva usato un maglio per permettere al punteruolo chirurgico (ovvero una sorta di rompighiaccio lungo 20 cm e spesso 5 mm), detto orbitoclasto, di trapassare lo strato osseo appena al di sopra della palpebra. Il punteruolo veniva quindi mosso energicamente al fine di danneggiare il lobo frontale. Questa tecnica poteva essere eseguita ambulatorialmente, invece che in sala operatoria, e richiedeva soltanto pochi minuti.

martedì 17 settembre 2013

Il giovane Holding

Il bambino si rivolge al padre davanti alla fontana desolata del parco e ascolto.
"Papino, ma che fine hanno fatto le paperelle?"

"Se le sono mangiate gli zingari"
No, non è vero, ma morivo dalla voglia di dirlo.



lunedì 19 agosto 2013

Elogio della mediocrità

L'Euro ci ha rovinati
Sono tutti dei massoni
La P2
Fa' caldo
Berlusconi è un mafioso
La destra e la sinistra non esistono più tanto sono tutti uguali
I preti sono pedofili perchè Gesù si è sposato con la Maddalena 
La Coca Cola fa male
Papa Francesco è meglio di Ratzinger
Lo Spread
Saviano "cioè è un eroe"
Apericena, aperitivizzando e sushi hours.
Masterchef, real time e non capisco come fa Belen a sposare Stefano.

Ecco, parliamone, e per me "è stato un piacere", preferisco tirare sassi dal cavalcavia.

martedì 23 luglio 2013

Lezione di siciliano n 1: Il palermitano è femmina


La Sicilia dovrebbe fare continente a parte, almeno per la lingua. Al di là delle diatribe sull’origine dell’
Italiano e gli eterni scornamenti tra la Scuola Fiorentina e quella Siciliana, la lingua dell’Isola più grande d’Italia dovrebbe essere considerata patrimonio dell’UNESCO. Tuttavia, all’interno della regione esistono varie correnti di siciliese che a diverse latitudini, ha regole non sempre valide. Il palermitano per esempio costituisce un tomo singolo del dizionario Italiano-Siciliano.
Innanzi tutto per imparare il palermitano corrente, bisogna avere in mente che le lettere r, l, g, q, non solo sono intercambiabili, ma anche opzionali; così che una morbida sciarpa diventa una molbida scialpa,il quaderno si trasforma in guaderno, il problema diventa un probrema- più b ci sono più il probbbrema è grosso- soprattutto se non hai cinguanta euro nel partafoglio.
La “r” è in assoluto la lettera Jolly, come a scala quaranta, la metti dove vuoi e ci sta sempre: quartordici, interpretrazione, cardo (per dire che c’è caldo, non il gambo del carciofo).
Un’altra caratteristica precisa, poi,  è il togliere le doppie quando ci vogliono e metterle quando non serve, e quindi abbiamo che il piccante è meno piccante perchè è picante e che la mia nuova bigigletta è nuova fiamante.
Altra regola che bisogna tenere a mente è l’invertibilità della p e la f.
“Scusi, vorrei una penna a sfera”
“Gaetano, piglia una penna a spera alla signorina, ma non ti sporzare troppo col braccio”.

Ok. Metto la penna a spera, aspetta e spera, nella mia borza.
Tutto questo perchè il dialetto palermitano è femmina, tanto da dovere sempre cambiare sesso, quando si può, a tutte le cose per renderle maschili: lo scatolo, l’unghio, il pruno, lo sticchio. Ma la lapa, la minchia, la raggia, quelle rimangono femmine.
Insomma, giù al nord c’è l’Accademia della Crusca e al sud l’accademia dello Scaccio e della Semenza.
E a noi lo scaccio, ci piace. Pultroppo.

“Mia moglie vuole che metto il preservativo, ma Gesù non vuole”


Navigando qua e là mi sono ritrovata sul sito “Amici dei Domenicani”,  come Amici di Maria De Filippi, ma fatto di preti, suore e minorenni.
Nello spazio dedicato “ IL PRETE RISPONDE” ho trovato questo quesito da parte di un marito che non sa come fare a convincere la moglie a non usare il preservativo dal momento che “fa peccato”. La moglie che ha preso la pillola per un po’ di tempo, è già stata accusata di essere una sovversiva dell’ordine e che, se continuerà a fare queste richieste peccaminose, finirà dritta dritta all’inferno


Siccome mia moglie ha deciso di prendere i contraccettivi contro la mia volontà, per quanto riguarda la mia posizione che dovrei fare?Quesito
Caro Padre Angelo,
Sono G.
Avendo già letto altre vostre risposte riguardanti gli anti concezionali, evito di farvi la domanda perchè ho già le idee chiare su come la Santa Chiesa ci comanda.
Noi abbiamo due bellissimi maschietti per dono del Signore, ma dopo il secondo bimbo mia moglie solo all’idea di poter avere un’altra gravidanza le viene da piangere dicendo di non saperla affrontare. Per questa ragione ha deciso di prendere la pillola contraccettiva perchè secondo lei resta la più sicura, almeno pensa.
La mia domanda è: siccome è lei ad aver deciso di prendere i contraccettivi contro la mia volontà, per quanto riguarda la mia posizione che dovrei fare? Dovrei astenermi da rapporti sessuali, oppure visto che non è mia l’idea posso avere dei rapporti senza fare peccato?
IL PRETE RISPONDE
Carissimo G.,
1. è sbagliato prendere la pillola per tutti i danni che comporta sia nell’ordine fisico sia nell’ordine morale.
Già tutti i medicinali hanno le loro contro indicazioni. E queste si tollerano per eliminare dei mali già presenti.
Ma qui non viene eliminato alcun male e si aggrava pesantemente il proprio corpo per cui dell’uso della pillola contraccettiva, prima o poi, si ha sempre amaramente da pentirsene.
Qui è il caso di dire che alcune ditte farmaceutiche fanno i loro interessi economici sulla pelle delle donne.
2. Non parlo degli effetti nell’ordine morale dei quali ho già parlato in diverse risposte. È sufficiente che ricordi che, assunta per fini contraccettivi, non è mai lecita perché altera il disegno di Dio sulla sessualità e sul significato dei rapporti coniugali.
3. Entro adesso nella questione che mi hai posto.
I coniugi, col matrimonio, contraggono il diritto di avere rapporti coniugali. È il cosiddetto debito coniugale di cui parla San Paolo.
Tuttavia questo diritto viene meno quando il rapporto viene attuato in maniera difforme dal progetto di Dio.
Il coniuge non si deve prestare se l’altra parte pone come condizione la contraccezione.
4. Ma qui non sei tu che poni come condizione la contraccezione. È tua moglie che viene meno ad un tuo preciso diritto e ti mette in una situazione imbarazzante di coscienza.
Infatti di per sé né lei potrebbe chiedere il “debito coniugale” e neanche tu, perché di fatto sai che in questo caso cooperi ad un’azione che falsa il progetto di Dio e gli è offensiva.
5. Bisognerebbe che faceste uno sforzo per studiare meglio i metodi naturali, i quali, se bene conosciuti e applicati, danno una sicurezza ancor maggiore dei vari metodi contraccettivi, e senza alcun danno fisico o morale.
6. Diversamente rimane quello che si legge nell’enciclica Humanae vitae: “Non intendiamo affatto nascondere le difficoltà talvolta gravi inerenti alla vita dei coniugi cristiani: per essi, come per ognuno, ‘è stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita’ (Mt 7,14; Eb 12,11). Ma la speranza di questa vita deve illuminare il loro cammino, mentre coraggiosamente si sforzano di vivere con saggezza, giustizia e pietà nel tempo presente, sapendo che la figura di questo mondo passa (1 Cor 7,31).
Affrontino quindi gli sposi i necessari sforzi, sorretti dalla fede e dalla speranza che non delude; perché l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito Santo, che ci è stato dato (Rm 5,5); implorino con perseverante preghiera l’aiuto divino, attingano soprattutto nell’Eucaristia alla sorgente della grazia e della carità.
E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (HV 25).
7. Anche la CEI, presentando ai fedeli l’insegnamento dell’Humanae vitae, indica la medesima strada: “Questa evangelica benignità si manifesti specialmente nei confronti di quei coniugi le cui mancanze non derivano da un rifiuto egoistico della fecondità, bensì piuttosto dalle difficoltà, a volte molto serie, in cui si trovano di conciliare le esigenze della paternità responsabile con quelle del loro reciproco amore.(…).
Sarebbe tuttavia un serio errore educativo, se con il loro atteggiamento di comprensione, i sacerdoti finissero per favorire nei coniugi una condotta mediocre o facili accomodamenti: in questo, come in ogni altro settore della vita morale, nessun cristiano può sottrarsi all’impegno di un perseverante e responsabile sforzo per adempiere mediante l’aiuto della grazia la volontà di Dio” (II).
8. Ti consiglio per la tua vita spirituale la confessione frequente, anche ogni quindici giorni. Meglio ancora se settimanale.
Tendi al meglio anche in questo.
E se nell’ambito coniugale vi fossero rapporti non conformi alla legge di Dio, dal momento che tu sapevi in antecedenza che sarebbero stati così, con grande umiltà chiederai perdono anche di questo al ministro di Dio.
Vedrai che il perdono te lo darà sempre e tu sarai più contento.
Altre soluzioni, di manica più larga, lascerebbero sempre una certa inquietudine di coscienza, e da questa inquietudine a ragione vuoi essere risparmiato.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico unitamente a tutta ala tua famiglia.
Padre Angelo
Ora, risponde la Monaca di Manzo, cioè io, che qualora non aveste letto per intero il dibattito vi fa un breve sunto del dialogo. Secondo padre Angelo e quindi la chiesa cattolica:
1 prendere la pillola fa male non solo al corpo ma anche alle tasche.
2 la pillola altera la sessualità perchè altera il disegno- astratto?- di Dio
3 bisogna studiare i metodi naturali perchè sono più sicuri. Sicuri come mettere i calzini bucati in spiaggia e asciugarsi i capelli a mollo nella vasca da bagno.
4 la moglie è costretta a fare sesso e,  s’è il caso, farsi ingravidare perchè Dio ha detto così. Poi se hai 38 figli non è un problema.
5 i rapporti sessuali sono peccaminosi, se e solo se fatti a fini non riproduttivi. Figuriamoci la masturbazione: un genocidio. Il sesso orale? Cannibalismo.
6  la moglie è senza speranza è destinata al peccato e quindi il marito deve pregare per lei, pentirsi, pentirsi e ancora pentirsi. Di che non si capisce, di avere un pene funzionante?
7 se soffri troppo perchè i testicoli ti stanno scoppiando come due zampogne: pentiti e confessa a Dio padre Onnipotente il tuo peccato. Oppure vai in sagrestia…
Quindi ,caro lettore, ora ti ripropongo la domanda:
Siccome mia moglie ha deciso di prendere i contraccettivi contro la mia volontà, per quanto riguarda la mia posizione che dovrei fare?
La Monaca di Manzo risponde:
A 90 gradi, la sua posizione è quella che devi verificare, e non parlo di candeggio.

domenica 21 luglio 2013

Il topo di città Ep. II: il suicidio del calabrone.

 "Aaaaaaaaa mammaaaa è entrato un elicottero" scappo con la tazzina di caffè per tutta la casa.

 "Aaaaaaaaa se ci punge ci fa un pirtuso" mia madre, scappa anche lei con la colazione in mano mentre si leva la ciabatta. La colazione è salva.
Ci fermiamo a guardare il calabrone di tre kg che sbanda a destra e manca e che si suicida dando una capocciata sul quadretto di padre Pio. Muore, cade stecchito a terra. "Io te lo dico sempre che padrepio è miracoloso" , la guardo, sto zitta, osserviamo la carcassa, potrebbe però far finta di essere morto come i soldati americani in Vietnam. "Lo butto"dice mia madre. Lo prende con un foglio di giornale a mo' di lettiga e lo getta dal balcone lasciandolo scivolare "mi che è duro, non si poteva schiacciare era CROCCANTE".
Ancora con la tazzina del caffè in mano, mi viene da vomitare e forse anche a Padre Pio che per l'occasione ha resuscitato l' elicottero che poi è volato via a zampe levate.

sabato 20 luglio 2013

Interpretazione alternativa di fatti storici atto I:la scoperta dell' America

"Io abito a in via Cristoforo Colombo"
"Tu lo sai chi era Colombo?"
"Certo che lo so! É quello che ha INVENTATO l'America! Solo che prima veramente l'aveva inventata un altro cioè DIO , QUINDI é una via col nome inutile

sabato 6 luglio 2013

Il BBgas



Quando per la prima volta il BBgas fece accesso nelle case delle casalinghe siciliane fu un tripudio di
festeggiamenti, nemmeno per l'avvento della televisione vi fu tanta felicità. Mia nonna mi raccontava che in paese, quando la zia Provvidenza comprò la cucina a gas invitò tutte le sue amiche ad ammirare la "sacra fiamma", tipo tempio di Vesta. Passava interi pomeriggi a fissarla. Ammirava il fuoco per la prima volta come fosse una magia. Assurdo come qualcosa di cui oggi si fa un uso comune abbia ricevuto tanta attenzione in epoche non troppo lontane dalla nostra...

Poi stamattina suona il citofono: "c'è posta da firmare". Apro la raccomandata "Sollecito di pagamento per non aver pagato il metano" Bolletta scordata nei malloppi precedenti. Salgo di corsa in casa, accendo il fornello, fiù. Niente fornelletto da campeggio. Anche io come Zia Provvidenza ero felice.

martedì 18 giugno 2013

A pensar male si fa peccato però...

Giorni caldi per i diritti. Diritti non rispettati, diritti sopraffatti, diritti calpestati, diritti reclamati. Dalla Turchia ai Pride è un tumulto continuo e irriducibile. Il popolo vuole, il popolo chiede ad alta voce. E ai piani alti che succede?

Succede che prima, cioè dal concilio di Nicea ad oggi,  la Chiesa si preoccupa di mandare all'inferno gli omosessuali e che qualche genio del pastificio politico blatera "meglio fascista che frocio"; dai bassifondi del Mpa - l'illustre sconosciuto Figuccia- riferendosi al gay-pride scrive a Napolitano,  col tono da Nostradamus,  che saremo puniti come a Sodoma e Gomorra. Poi, dopo,arriva  il Papa più rivoluzionario della storia mondiale , Francesco I,afferma senza paura: "C'è una lobby gay qui nel Vaticano" e succede che i partiti di centro destra promuovono leggi a favore delle unioni omosessuali dopo anni  di moniti super-conservatori.

Ho il sospetto che la lotta per i diritti si svolga su un filo funambolico tenuto alle estremità da due forze. Ma è solo un sospetto, un pensiero. Vero è che a pensar male si fa peccato, però mi sembra un peccato anche non pensare.



Governare è far credere. 
(Niccolò Machiavelli)



lunedì 17 giugno 2013

Turchia, facciamo il punto della situazione. Il punto esclamativo

Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan nel 1998 fu arrestato, giudicato colpevole per incitamento
all'odio, e incarcerato per aver declamato pubblicamente i versi del poeta Ziya Gökalp:
"Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette ed i fedeli i nostri soldati... "
Sindaco di Istanbul, è conosciuto per le sue politiche islamico-conservatrici e per aver intrattenuto in 20 anni, buoni rapporti con l'UE.  Lui stesso nel 2008 si fece promotore per la Turchia per il suo ingresso nella CE, ma  grazie all'opposizione della Germania e della Francia- forse l'unica cosa buona che hanno fatto dalla fondazione di Roma- questa "annessione" non andò in porto. Il motivo di tale opposizione ad oggi, più che mai, è chiarissimo.
Quando nel 2008 sentivo parlare dell'ipotetico ingresso della Turchia nell'Unione, io mi sentivo male. La prima volta che lessi da un' agenzia la notizia , come prima cosa pensai: mamma li turchi!
La Turchia è sorta dalle ceneri dell'Impero ottomano nel 1923, e nonostante si tratti di una Repubblica Parlamentare le sue istituzioni sono tuttavia fortemente condizionate dalle forze armate, il cui ruolo politico è stato fissato nella Costituzione da Atatürk e ribadito nell'ultima Costituzione del 1982. Le forze armate costituiscono proprio un organo a cui deve rispondere l'esecutivo detto "Consiglio di sicurezza nazionale" composto da tre membri nominati dalle forze militari con funzioni consultive e di supervisione. Se poi si considera che la maggioranza della popolazione turca è di confessione mussulmana, anche se l'islamismo non è religione di stato, ci si rende conto in che delirio anacronistico si ritrova la popolazione turca.Basta sapere questo,non serve entrare nel merito dei diritti che ancora fanno fatica ad essere riconosciuti (condizioni della donna, diritto alla salute, all'istruzione etc) ,per farsi un'idea.

Poi un bel giorno Erdogan - che pare un misto fra un nome de Il Signore degli Anelli e Sandokan- e la cricca si sveglia e decide di costruire nel sito di Gezi Park una replica di una caserma ottomana e un centro commerciale, distruggendo oltre 600 alberi.

La gente manifesta, si indigna, si lega agli alberi, protesta, viene annegata con gli idranti e arrestata.

Il primo ministro è sempre più infastidito, annuncia che la repressione sarà sempre più dura, e per concludere, sbarella completamente e si rivolge alle "masse silenziose" che lo appoggiano, mentre in Turchia è in corso un "complotto" contro il governo: "Sapete il complotto che è stato ordito, la trappola che è stata costruita. Voi siete qui, voi state rovinando questo pericoloso attacco". Insomma, un pazzo scriteriato

Sembra d'essere dentro alla fortezza Bastiani, de "il deserto dei Tartari",in versione distopica, dove Erdogan aspetta l'occasione della sua vita: quella di vincere un torneo di Risiko. .

Il primo ministro parla di complotto, forse ha anche ragione. I media internazionali forse non comprendono la gravità e il movente emozionale di ogni singolo attivista turco: la libertà. Non è il centro commerciale, non è la caserma: è l'asfissia, l'oppressione di un intero popolo che non ne può più di essere sottomesso alle mire dispotiche di una repubblica di caporali.


Arnaut, he arnaut, në vend të bukës po blen barut?Albanese, o albanese, al posto del pane compri polvere da sparo?




mercoledì 29 maggio 2013

L'anello mancante tra la scimmia e l'uomo è il maiale



Per certuni, l'anello mancante tra la scimmia e l'uomo è il maiale.

Io non sono mai stata una femminista d'assalto. Ho sempre preferito parlare di valorizzazione delle differenze. Però riconosco che in alcuni casi l'uomo è veramente una pertinenza del suo pene. Come il box auto per i condomìni.




lunedì 20 maggio 2013

L'isolitudine

Non ricordo esattamente chi disse che noi umani, siamo delle isole- e francamente mi scoccia cercare su google; questa metafora dell' umano come essere a se stante e indipendente mi ha sempre turbata.
Se alcuni umani sono isole, altri sono delle corde. Ho conosciuto persone il cui leit motiv della loro vita è sempre stato il costituire legami. L'incapacità totale di convivere da soli col proprio io. Non è un giudizio di valore, solo una considerazione. 
Chi si inventò questa storia delle isole, probabilmente,  nemmeno arrivò a considerare l'isolitudine. 
Come spiegarla se non vivi circondato dal mare? L'isolitudine è una sorta di evoluzione della solitudine, tipica di chi vive circondato dal mare, un passo avanti. Uno stato di grazia e una maledizione.
E' molto più di uno stato d'animo: è un'emozione. Una turbativa perenne, un tumulto da anime in pena, boe nel mare interiore d'affanni, una procella senza fine. Non ho la minima idea di che origine abbia; forse la mancanza di un perimetro, forse l'idea di esser sempre ai confini del mondo, di dover affrontare il mare salato per raggiungere la "terra ferma" , forse perchè  le nostre radici permeano la crosta terrestre fino all'abisso. Poi penso: ma noi siamo uomini, non alberi! Gli alberi hanno le radici, noi invece abbiamo le gambe e possiamo andare dappertutto..
Provo a ricordare a tutte le volte in cui  sono partita el'isolitudine in realtà è sempre stata con me, invischiata fino al midollo, anche quando mi trovai in cima al Monviso e non vedevo l'ora di ritornare nella mia Itaca.


Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo sanno ascoltare.
Giovanni Verga, I Malavoglia, 1881 

domenica 21 aprile 2013

I Siciliani secondo Tomasi di Lampedusa, parabola di eternità


I Siciliani
Alle quattro del pomeriggio il Principe fece dire a Chevalley che lo aspettava nello studio. Era questo una
piccola stanza con ai muri sotto vetro alcune pernici imbalsamate, di quelle grigie a zampette rosse stimate rare, trofei di caccie passate; una parete era nobilitata da una libreria alta e stretta colma di annate di riviste matematiche; al di sopra della grande poltrona destinata ai visitatori, una costellazione di miniature di famiglia: il padre di Don Fabrizio, il principe Paolo, fosco di carna-gione e sensuale di labbra quanto un Saraceno, con la nera uniforme di Corte tagliata a sghembo dal cordone di S. Gennaro; la principessa Carolina, già vedova, i capelli biondissimi accumulati in una pettinatura a torre ed i severi occhi azzurri; la sorella del Principe, Giulia, la principessa di Falconeri seduta su una panca da giardino, con alla destra la macchia amaranto di un piccolo parasole poggiato aperto per terra ed alla sinistra quella gialla di un Tancredi di tre anni che reca dei fiori di campo (questa miniatura Don Fabrizio se l'era cacciata in tasca di nascosto mentre gli uscieri inventariavano il mobilio di villa Falconeri). Poi più sotto, Paolo il primogenito, in attillati calzoni da cavalcare, in atto di salire su un cavallo focoso dal collo arcuato e dagli occhi sfavillanti; zii e zie varie non meglio identificati, ostentavano gioielloni o indicavano, dolenti, il busto di un caro estinto. Al sommo della costellazione, però, in funzione di stella polare, spiccava una miniatura più grande: Don Fabrizio stesso, poco più che ventenne con la giovanissima sposa che poggiava la testa sulla spalla di lui in atto di completo abbandono amoroso; lei bruna; lui roseo nell'uniforme azzurra e argentea delle Guardie del Corpo del Re sorrideva compiaciuto col volto incorniciato dalle basette biondissime di primo pelo.

Appena seduto Chevalley espose la missione della quale era stato incaricato: "Dopo la felice annessione, volevo dire dopo la fausta unione della Sicilia al Regno di Sardegna, è intenzione del governo di Torino di procedere alla nomina a Senatori del Regno alcuni illustri siciliani; le autorità provinciali sono state incaricate di redigere una lista di personalità da proporre all'esame del governo centrale ed eventualmente, poi, alla nomina regia e, come è ovvio, a Girgenti si è subito pensato al suo nome, Principe: un nome illustre per antichità, per il prestigio personale di chi lo porta, per i meriti scientifici, per l'attitudine dignitosa e liberale, anche, assunta durante i recenti avvenimenti." Il discorsetto era stato preparato da tempo, anzi era stato oggetto di succinte note a matita sul calepino che adesso riposava nella tasca posteriore dei pantaloni di Chevalley. Don Fabrizio però non dava segno di vita, le palpebre pesanti lasciavano appena intravedere lo sguardo. Immobile la zampaccia dai peli biondastri ricopriva interamente una cupola di S. Pietro in alabastro che stava sul tavolo.

Ormai avvezzo alla sornioneria dei loquaci siciliani quando si propone loro qualcosa, Chevalley non si lasciò smonta-re: "Prima di far pervenire la lista a Torino i miei superiori hanno creduto dover informare lei stesso, e farle chiedere se questa proposta sarebbe di Suo gradimento.Richiedere il suo assenso, nel quale le autorità sperano molto è stato l'oggetto della mia missione qui, missione che per altro mi ha valso l'onore e il piacere di conoscere Lei ed i suoi, questo magnifico palazzo e questa Donnafugata tanto pittoresca."

Le lusinghe scivolavano via dalla personalità del Principe come l'acqua dalle foglie delle ninfee: questo è uno dei vantaggi dei quali godono gli uomini che sono allo stesso tempo orgogliosi ed abituati ad esserlo. "Adesso questo qui s'immagina di venire a farmi un grande onore" pensava "a me, che sono quel che sono, fra l'altro anche Pari del Regno di Sicilia, il che dev'essere press'a poco come essere senatore. È vero che i doni bisogna valutarli in relazione a chi li offre: un contadino che mi dà il suo pezzo di pecorino mi fa un regalo più grande di Giulio Làscari quando m'invita a pranzo. Il guaio è che il pecorino mi dà la nausea; e così non resta che la gratitudine che non si vede e il naso arricciato dal disgusto che si vede fin troppo." Le idee sue in fatto di Senato erano del resto vaghissime; malgrado ogni suo sforzo esse lo riconducevano sempre al Senato Romano al senatore Papirio che aveva spezzato una bacchetta sulla testa di un Gallo maleducato, a un cavallo Incitatus che Caligola aveva fatto senatore, onore questo che soltanto suo figlio Paolo non avrebbe trovato eccessivo; lo infastidiva anche il riaffacciarsi insistente di una frase detta talvolta da Padre Pirrone: "Senatores boni viri, senatus autem mala bestia." Adesso vi era anche il Senato dell'Impero di Parigi, ma non era che una assemblea di profittatori muniti di larghe prebende. Vi era o vi era stato un Senato anche a Palermo ma si era trattato soltanto di un comitato di amministratori civici, e di quali amministratori! Robetta per un Salina. Volle sincerarsi: "Ma insomma, cavaliere, mi spieghi un po' che cosa è veramente essere senatori. La stampa della passata monarchia non lasciava passare notizie sul sistema costituzionale degli altri stati italiani, e un soggiorno di una settimana a Torino due anni fa non è stato sufficiente a illuminarmi. Cosa è? un semplice appel-lativo onorifico, una specie di decorazione? o bisogna svolgere funzioni legislative, deliberative?"

Il Piemontese, il rappresentante del solo stato liberale italiano, s'inalberò: "Ma, Principe, il Senato è la Camera Alta del Regno! In essa il fiore degli uomini politici del nostro paese prescelti dalla saggezza del Sovrano, esaminano, discutono, approvano o respingono quelle leggi che il Governo o essi stessi propongono per il progresso del paese; esso funziona nello stesso tempo da sprone e da briglia, incita al ben fare, impedisce di strafare. Quando avrà accettato di prendervi posto, Lei rappresenterà la Sicilia alla pari dei deputati eletti, farà udire la voce di questa bellissima terra che si affaccia adesso al panorama del mondo moderno, con tante piaghe da sanare, con tanti giusti desideri da esaudire."

Chevalley avrebbe forse continuato a lungo su questo tono se Bendicò non avesse da dietro la porta chiesto alla "saggezza del Sovrano" di essere ammesso; Don Fabrizio fece l'atto di alzarsi per aprire ma lo fece con tanta mollezza da dar tempo al Piemontese di lasciarlo entrare lui; Bendicò, meticoloso, fiutò a lungo i calzoni di Chevalley; dopo, persuaso di aver da fare con un buon uomo si accovacciò sotto la finestra e dormì.

"Stia a sentirmi, Chevalley; se si fosse trattato di un segno di onore, di un semplice titolo da scrivere sulla carta da visita e basta, sarei stato lieto di accettare; trovo che in questo momento decisivo per il futuro dello stato italiano è dovere di ognuno dare la propria adesione, evitare l'impressione di screzi dinanzi a quegli stati esteri che ci guardano con un timore o con una speranza che si riveleranno ingiustificati ma che per ora esistono."

"Ma allora, principe, perché non accettare?"

"Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa, siamo fatti così. Avevo detto 'adesionè non 'partecipazionè. In questi sei ultimi mesi, da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento; adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene; per conto mio credo che parecchio sia stato male; ma voglio dirle subito ciò che Lei capirà da solo quando sarà stato un anno fra noi. In Sicilia non importa far male o far bene; il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di 'farè. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il 'la'; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d'Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso."

Adesso Chevalley era turbato. "Ma ad ogni modo questo adesso è finito; adesso la Sicilia non è più terra di conquista ma libera parte di un libero stato".

"L'intenzione è buona, Chevalley, ma tardiva; del resto le ho già detto che in massima parte è colpa nostra; Lei mi parlava poco fa di una giovane Sicilia che si affaccia alle meraviglie del mondo moderno; per conto mio mi sembra piuttosto una centenaria trascinata in carrozzella alla Esposizione Universale di Londra, che non comprende nulla, che s'impipa di tutto, delle acciaierie di Sheffield come delle filande di Manchester, e che agogna soltanto di ritrovare il proprio dormiveglia fra i suoi cuscini sbavati e il suo orinale sotto il letto."

Parlava ancora piano, ma la mano attorno a S. Pietro si stringeva; l'indomani la crocetta minuscola che sormontava la cupola venne trovata spezzata. "Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagagliaio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente: la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che voglia scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semi-desti; da ciò il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane: le novità ci attraggono soltanto quando le sentiamo defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l'incredibile fenomeno della formazione attuale, contemporanea a noi, di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae appunto perché è morto."

Non ogni cosa era compresa dal buon Chevalley; soprattutto gli riusciva oscura l'ultima frase: aveva visto i carretti variopinti trainati dai cavalli impennacchiati e denutriti, aveva sentito parlare del teatro di burattini eroici, ma anche lui credeva che fossero vecchie tradizioni autentiche. Disse: "Ma non le sembra di esagerare un po', principe? io stesso ho conosciuto a Torino dei Siciliani emigrati, Crispi per nominarne uno, che mi son sembrati tutt'altro che dei dormiglioni."

Il Principe si seccò: "Siamo troppi perché non vi siano delle eccezioni; ai nostri semi-desti, del resto avevo di già accennato. In quanto a questo giovane Crispi, non io certamente, ma Lei potrà forse vedere se da vecchio non ricadrà nel nostro voluttuoso vaneggiare: lo fanno tutti. D'altronde vedo che mi sono spiegato male: ho detto i Siciliani, avrei dovuto aggiungere la Sicilia, l'ambiente, il clima, il paesaggio. Queste sono le forze che insieme e forse più che le dominazioni estranee e gl'incongrui stupri hanno formato l'animo: questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l'asprezza dannata; che non è mai meschino, terra terra, distensivo, umano, come dovrebbe essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali; questo paese che a poche miglia di distanza ha l'inferno attorno a Randazzo e la bellezza della baia di Taormina, ambedue fuor di misura, quindi pericolosi; questo clima che c'infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste; questa nostra estate lunga e tetra quanto l'inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo; Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come sulle città maledette della Bibbia; in ognuno di quei mesi se un Siciliano lavorasse sul serio spenderebbe l'energia che dovrebbe essere sufficiente per tre; e poi l'acqua che non c'è o che bisogna trasportare da tanto lontano che ogni sua goccia è pagata da una goccia di sudore; e dopo ancora, le pioggie, sempre tempestose che fanno impazzire i torrenti asciutti, che annegano bestie e uomini proprio lì dove una settimana prima le une e gli altri crepavano di sete. Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione continua di ogni aspetto, questi monumenti, anche del passato, magnifici ma incomprensibili perché non edificati da noi e che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti, presto detestati e sempre incompresi, che si sono espressi soltanto con opere d'arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d'imposte spese poi altrove; tutte queste cose hanno formato il carattere nostro che rimane così condizionato da fatalità esteriori oltre che da una terrificante insularità di animo."

L'inferno ideologico evocato in quello studiolo sgomentò Chevalley più della rassegna sanguinosa della mattina. Volle dire qualche cosa, ma Don Fabrizio era troppo eccitato adesso per ascoltarlo.

"Non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dell'isola possano riuscire a smagarsi: bisogna però farli partire quando sono molto, molto giovani: a vent'anni è già tardi; la crosta è già fatta, dopo: rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori. Ma mi scusi, Chevalley, mi son lasciato trascinare e la ho probabilmente infastidito. Lei non è venuto sin qui per udire Ezechiele deprecare le sventure d'Israele. Ritorniamo al nostro vero argomento.
Sono molto riconoscente al governo di aver pensato a me per il Senato e la prego di esprimere a chi di dovere questa mia sincera gratitudine; ma non posso accettare. Sono un rappresentante della vecchia classe, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, e ad esso legato dai vincoli della decenza in mancanza di quelli dell'affetto. Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d'illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore inesperto cui manca la facoltà d'ingannare sé stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri? Noi della nostra generazione dobbiamo ritirarci in un cantuccio e stare a guardare i capitomboli e le capriole dei giovani attorno a quest'ornatissimo catafalco. Voi adesso avete bisogno di giovani, di giovani svelti, con la mente aperta al 'comè più che al 'perché' e che siano abili a mascherare, a contemperare volevo dire, il loro preciso interesse particolare con le vaghe idealità politiche." Tacque, lasciò in pace San Pietro. Continuò: "Posso dare a Lei un consiglio da trasmettere ai suoi superiori?"

"Va da sé, principe; esso sarà certo ascoltato con ogni considerazione; ma voglio ancora sperare che invece di un consiglio vorrà darci un assenso."

"C'è un nome che io vorrei suggerire per il Senato: quello di Calogero Sedàra; egli ha più meriti di me per sedervi; il casato, mi è stato detto, è antico o finirà con esserlo; più che quel che Lei chiama il prestigio egli ha il potere; in mancanza dei meriti scientifici ne ha di pratici, eccezionali; la sua attitudine durante la crisi del Maggio scorso più che ineccepibile è stata utilissima; illusioni non credo che ne abbia più di me, ma è abbastanza svelto per sapere crearsele quando occorra. È l'individuo che fa per voi. Ma dovete far presto, perché ho inteso dire che vuol porre la propria candidatura alla camera dei deputati." Di Sedàra si era molto parlato in Prefettura, le attività di lui quale sindaco e quale privato erano note; Chevalley sussultò: era un onest'uomo e la propria stima delle camere legislative era pari alla purità delle proprie intenzioni; per questo credette opportuno non fiatare, e fece bene a non compromettersi perché, infatti, dieci anni più tardi, l'ottimo don Calogero doveva ottenere il laticlavio. Benché onesto, però, Chevalley non era stupido; mancava sì di quella prontezza di spirito che in Sicilia usurpa il nome di intelligenza, ma si rendeva conto delle cose con lenta solidità, e poi non aveva l'impenetrabilità meridionale agli affanni altrui. Comprese l'amarezza e lo sconforto di Don Fabrizio, rivide in un attimo lo spettacolo di miseria, di abiezione, di nera indifferenza del quale per un mese era stato testimonio; nelle ore passate aveva invidiato l'opulenza, la signorilità dei Salina, adesso ricordava con tenerezza la propria vignicciuola, il suo Monterzuolo vicino a Casale, brutto, mediocre, ma sereno e vivente; ebbe pietà tanto del principe senza speranze come dei bimbi scalzi, delle donne malariche, delle non innocenti vittime i cui elenchi giungevano così spesso al suo ufficio; tutti eguali, in fondo, compagni di sventura segregati nel medesimo pozzo.

Volle fare un ultimo sforzo: si alzò e l'emozione conferiva pathos alla sua voce: "Principe, ma è proprio sul serio che lei si rifiuta di fare il possibile per alleviare, per tentare di rimediare allo stato di povertà materiale, di cieca miseria morale nelle quali giace questo che è il suo stesso popolo? Il clima si vince, il ricordo dei cattivi governi si cancella, i Siciliani vorranno migliorare; se gli uomini onesti si ritirano, la strada rimarrà libera alla gente senza scrupoli e senza prospettive, ai Sedàra; e tutto sarà di nuovo come prima, per altri secoli. Ascolti la sua coscienza, principe, e non le orgogliose verità che ha detto. Collabori."

Don Fabrizio gli sorrideva, lo prese per la mano, lo fece sedere vicino a lui sul divano: "Lei è un gentiluomo, Chevalley, e stimo una fortuna averlo conosciuto; Lei ha ragione in tutto; si è sbagliato soltanto quando ha detto: 'i Siciliani vorranno migliorare.' Le racconterò un aneddoto personale. Due o tre giorni prima che Garibaldi entrasse a Palermo mi furono presentati alcuni ufficiali di marina inglesi, in servizio su quelle navi che stavano in rada per rendersi conto degli avvenimenti. Essi avevano appreso, non so come, che io posseggo una casa alla Marina, di fronte al mare, con sul tetto una terrazza dalla quale si scorge la cerchia dei monti intorno alla città; mi chiesero di visitare la casa, di venire a guardare quel panorama nel quale si diceva che i Garibaldini si aggiravano e del quale, dalle loro navi non si erano fatti una idea chiara. Vennero a casa, li accompagnai lassù in cima; erano dei giovanottoni ingenui malgrado i loro scopettoni rossastri. Rimasero estasiati dal panorama, della irruenza della luce; confessarono però che erano stati pietrificati osservando lo squallore, la vetustà, il sudiciume delle strade di accesso. Non spiegai loro che una cosa era derivata dall'altra, come ho tentato di fare a lei. Uno di loro, poi, mi chiese che cosa veramente venissero a fare, qui in Sicilia, quei volontari italiani. 'They are coming to teach us good manners' risposi 'but wont succeed, because we are gods.' 'Vengono per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi.' Credo che non comprendessero, ma risero e se ne andarono. Così rispondo anche a Lei; caro Chevalley: i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla; calpestati da una decina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi. Crede davvero Lei, Chevalley, di essere il primo a sperare di incanalare la Sicilia nel flusso della storia universale? Chissà quanti imani mussulmani, quanti cavalieri di re Ruggero, quanti scribi degli Svevi, quanti baroni angioini, quanti legisti del Cattolico hanno concepito la stessa bella follia; e quanti viceré spagnoli, quanti funzionari riformatori di Carlo III; e chi sa più chi siano stati? La Sicilia ha voluto dormire, a dispetto delle loro invocazioni; perché avrebbe dovuto ascoltarli se è ricca, se è saggia, se è onesta, se è da tutti ammirata e invidiata, se è perfetta, in una parola?

"Adesso anche da noi si va dicendo in ossequio a quanto hanno scritto Proudhon e un ebreuccio tedesco del quale non ricordo il nome, che la colpa del cattivo stato delle cose, qui ed altrove, è il feudalesimo; mia cioè, per così dire. Sarà. Ma il feudalesimo c'è stato dappertutto, le invasioni straniere pure. Non credo che i suoi antenati, Chevalley, o gli squires inglesi o i signori francesi governassero meglio dei Salina. I risultati intanto sono diversi. La ragione della diversità deve ritrovarsi in quel senso di superiorità che barbaglia in ogni occhio siciliano, che noi stessi chiamiamo fierezza, che in realtà è cecità. Per ora, per molto tempo, non c'è niente da fare. Compiango; ma, in via politica, non posso porgere un dito. Me lo morderebbero. Questi sono discorsi che non si possono fare ai Siciliani; ed io stesso, del resto, se queste cose le avesse dette lei, me ne sarei avuto a male.

"È tardi. Chevalley: dobbiamo andare a vestirci per il pranzo. Debbo recitare per qualche ora la parte di un uomo civile."

© Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 1978